Questa settimana faccio rientrare la mia rubrica settimanale nel tema della sostenibilità, rispondendo a Gloria che mi chiede:
Come si può riconoscere se un capo marchiato “Made in Italy” sia etico e sostenibile?
e io aggiungo: “e di qualità?”. Vediamo se riesco a fare un po’ di chiarezza su questo tema non proprio semplicissimo da affrontare.
Made in Italy significa qualità? Non sempre: partiamo dalla certificazione
Forse non tutti sanno che esistono due tipi di Made in Italy: il semplice “Made in Italy” e il più restrittivo “100% Made in Italy”. Il secondo si basa sulla Legge 166 del 2009, che utilizza criteri molto stringenti per classificare un prodotto come 100% Made in Italy. Il primo invece si basa sull’articolo 24 del Reg. 2913/92: senza entrare nei cavilli legislativi, trovate una spiegazione esaustiva e abbastanza semplice in questo articolo dal sito Consulenza Legale Moda. In sostanza, per farvela brevissima, ci sono articoli che possono essere definiti come Made in Italy perchè hanno subito la loro trasformazione sostanziale in Italia, ma i filati vengono dall’estero. Oppure, i filati e parte delle finiture sono fatti in Italia, mentre altre parti della produzione vengono delocalizzate all’estero (non per forza in Cina, basta andare in Romania, che è molto più vicina).
A questo proposito, condivido con voi un dettaglio relativo alla tintura dei capi: in Italia, le legislazioni relative a come tingere i capi sono molto rigide. Il capo deve essere portato a tingere in determinate condizioni e le tinture devono essere certificate in modo apposito. Una volta tinto, poi, il capo va nuovamente controllato. Un procedimento lungo e probabilmente costoso, che spesso viene aggirato facendo tingere i capi all’estero, dove i controlli sono meno severi, e poi vengono riportati in Italia. La sola tintura non inficia il fatto che il capo sia made in Italy… ma con cosa è stato colorato? Mai avuto il sospetto che tante allergie, intolleranze (quella al nichel ad esempio) e affini possano derivare dai colori con cui sono tinti i nostri vestiti?
Altra cosa: “Made in” è diverso da “Designed in“. Il primo riguarda la produzione, in secondo dove il capo è stato ideato. In sostanza, un capo può essere stato disegnato in Francia, Italia o Germania… ma prodotto in Bangladesh. Occhio. Ultima cosa: non necessariamente un capo prodotto in Cina, India o Bangladesh non è nè etico nè sostenibile. Le fabbriche serie esistono anche lì. Richiedete sempre delle certificazioni (Reach, SA8000, Gots).
Made in Italy significa qualità? Non sempre: e se fosse viceversa?
Supponiamo che un determinato brand voglia far effettuare determinate lavorazioni o utilizzare determinati materiali che non si trovano in Italia, o perchè manca la conoscenza per realizzarli (il know how, in gergo tecnico), o perchè i filati vengono prodotti in altri paesi, come la seta in Cina o l’alpaca in Perù. In questo caso il fatto che il capo non sia Made in Italy è sinonimo di bassa qualità? Decisamente no: la qualità di un capo è data da diversi fattori, indipendenti da dove quel capo è stato prodotto. Leggete di seguito.
Made in Italy significa qualità? Non sempre: controllate sempre le rifiniture e leggete le etichette!
Ormai l’ho detto talmente tante volte che vi sarà uscito dalle orecchie: leggete le etichette! Non solo per verificare da dove proviene un determinato capo, ma anche per vedere di che materiali è composto e se questi materiali hanno una qualunque certificazione, ad esempio la GOTS. Ci sono aziende tessili non italiane che hanno questa certificazione con la quale possiamo stare certi che il filato è stato prodotto in modo etico e sostenibile.
E poi: guardate le finiture. Nelle mie stories su Instagram cerco sempre di farvi vedere a cosa stare attenti per verificare se un capo è ben rifinito oppure no. Controllate gli orli, i fili che pendono, le asole, la pesantezza del tessuto, le stampe, se è tinto in capo (ossia il capo una volta realizzato è stato immerso in un bagno di colore) oppure in filo (cioè se è il filato che è stato colorato prima di realizzare il capo, tutt’altra musica).
Made in Italy significa qualità? Non sempre: l’articolo scandalo del New York times
Vi ho già parlato dell’articolo del New York times che riguardava il fatto che alcuni marchi di alta moda pagassero una miseria delle donne del sud Italia per realizzare i loro capi. Visto questo, lascio a voi le considerazioni del caso. Eticità? Sostenibilità? Nè l’una, nè l’altra. Eppure i capi erano definiti “Made in Italy”.
Made in Italy significa qualità? Non sempre: conclusione
Come al solito, è una giungla. Non voglio lasciarvi con l’amaro in bocca però, non proprio in questo 2019 che vorrei tanto dedicare ad un maggiore impegno verso la sostenibilità, dopo la mia svolta etica dovuta ad aver visto “The true cost” (per inciso, impegno che abbiamo preso con tutto il team NotOnlyMama per abbracciare la sostenibilità a 360° in tutti gli ambiti della vita quotidiana). Una soluzione c’è: cercate di acquistare da marchi piccoli, artigianali, che è più facile che sappiano da dove arrivano i filati e dove si trova la produzione. Altra cosa importante: chiedete, chiedete, chiedete! Avete tutto il diritto di sapere da dove viene quello che vi mettete addosso. Non credete?
6 risposte
Informazioni utilissime, come sempre, perché quello che indossiamo non deve essere solo bello ma anche “giusto”.
È meglio se un abito è tinto in capo o in filo? Scusa la domanda da ignorante ?
Io dico tinto in filo,in linea di massima. Però ci sono delle lavorazioni particolari che si ottengono solo con la tintura in capo. Il guaio è sempre come e con cosa viene tinto: se il procedimento non è fatto bene, il capo perde colore, tanto per dirne una, sia addosso a te, che in lavatrice!
Ecco spiegato il motivo dell’acqua “colorata” quando lavo dei capi a mano. Grazie per la risposta ?
Non è sempre perché i capi sono tinti in capo che perdono colore, comunque. A volte dipende proprio dalla tintura di cattiva qualità.
Grazie mille per i tuoi consigli sempre utilissimo….ammetto che vestire sostenibile abbia il suo costo, però spero con mia figlia di iniziare ad essere più consapevole di cosa le farò indossare e magari più in là sforzarci anche noi adulti! Grande Angela come sempre!
Ciao Flavia, grazie per il tuo commento! Il nostro modo di comportarci e le nostre scelte sono quello che più influenza e forma i nostri figli, dobbiamo sempre tenerlo presente, anche nell’ottica di un’educazione di questo tipo mirata ad un consumo più consapevole e sostenibile della moda. Bravissima, continua così che siamo sulla strada giusta!