È uno degli scogli che frena la maggior parte delle persone interessate alla moda sostenibile: il suo prezzo mediamente elevato. Ho pensato di provare a darvi una spiegazione facile, chiedendo aiuto direttamente alle aziende produttrici: ecco un post dedicato al perché la moda sostenibile costa di più.
Premessa
Questo post non ha velleità giornalistiche, anche se ammetto che, nell’elenco dei miei sogni di ragazzina, ci fosse anche quello di fare la giornalista. Ho stima massima per la categoria, quindi lungi da me l’idea di scimmiottare un reportage dedicato a questo tema. Dal momento che il prezzo, percepito come alto, dei capi etici e sostenibili è quello che scoraggia la maggior parte dei consumatori, ho pensato di chiederne spiegazione direttamente alle aziende. L’essermi dedicata in questi anni alla moda sostenibile mi ha permesso di approfondire la conoscenza di piccoli brand molto seri che lavorano in modo etico e che hanno il controllo di tutta la loro filiera, quindi ho pensato di chiedere a loro. Ecco qui il risultato delle mie “interviste”.
Perché la moda sostenibile costa di più: da dove deriva il costo di un capo?
Il costo finale di un capo si ottiene mettendo insieme una serie di fattori: materie prime, lavorazione, finiture, confezionamento, packaging, fino ad arrivare alle spese di gestione del brand stesso (tenete a mente questa cosa, perché ne riparleremo alla fine del post). Nella realizzazione di un capo sostenibile ed etico, ognuno di questi step ha un costo mediamente più alto, motivo per cui il costo finale del capo è più elevato (sempre alla fine del post vedremo se ha senso davvero questa affermazione).
Perché la moda sostenibile costa di più: le materie prime
Le materie prime di origine naturale costano di più di quelle di origine sintetica. Se poi sono certificate o bio, hanno un costo ancora superiore. Marta di Le Scarpe di Marta, me lo conferma, come vi ho già scritto in questo mio post dedicato alla pelle: “Anche la provenienza della materia prima ha un costo: il pellame conciato in Italia sottosta a regole che in altri paesi non sono così stringenti”. Mi chiarisce il concetto in termini di filati Daniela di CasaGIN: “Per darti un riferimento, tessuti sostenibili (quindi realizzati cercando di impattare il meno possibile sull’ambiente) costano ad oggi il doppio/triplo dei fratelli realizzati “normalmente”.
Perché la moda sostenibile costa di più: la produzione
Scegliere di produrre in Italia invece di altri paesi dove il costo del lavoro è basso, come ad esempio Bangladesh, India o Cina, ma anche Turchia, ha conseguenze importanti sul prodotto finale. Non entro nel merito di cosa comporta a livello umano questa retribuzione del lavoro in termini di miseria: se volete approfondire, ancora una volta vi suggerisco di guardarvi “The True Cost”, il docufilm che mi ha cambiato la vita. La produzione in Italia normalmente dà la garanzia di qualità superiore sia per il know how che per il controllo della filiera, che può essere eseguito avendo tutto a portata di mano. Come mi ha detto Daniela: “Produrre in Italia significa adottare le politiche di salario del contratto nazionale (orari e stipendi) e allo stesso tempo puntare su una manodopera professionale e con esperienza”.
Perché la moda sostenibile costa di più: economie di scala
Come mi dice Sara di Eticlò, “I numeri nel tessile sono fondamentali. Realtà piccole, come sono quelle etiche e sostenibili, producono piccoli numeri sia come approvvigionamento di materie prime che come realizzazione e confezionamento“. Marta mi conferma: “È difficile arrivare alle economie di scala che normalmente si possono realizzare con il fast fashion“. Se ci pensate, è abbastanza logico: quando si acquistano grandi quantità di pellami o tessuti, si spuntano prezzi migliori, idem quando si chiede di far cucire migliaia di camicie, slip o cappotti.
Perché la moda sostenibile costa di più: rifiniture e confezionamento
La durabilità fa parte del design stesso di un capo etico: questi prodotti vengono pensati per durare. Sara mi dice: “Le rifiniture interne realizzate con il taglia e cuci durano meno di quelle ribattute o all’inglese. Le rifiniture sartoriali sono più costose, ma noi scegliamo di realizzarle così perché il capo non solo è più elegante, ma dura di più nel tempo.”
Perché la moda sostenibile costa di più: il confronto con il lusso
Sara di Eticlò mi ha giustamente fatto riflettere su un punto importante: “Se devo confrontare un mio capo, ad esempio un cappotto prodotto in un laboratorio in provincia di Treviso, non lo faccio con un capo del fast fashion prodotto in Bangladesh, ma con un capo di brand di lusso, prodotto nello stesso laboratorio, e che costa al pubblico cinque, dieci volte di più”. Da questo scaturisce la riflessione che segue.
Per concludere
Faccio mia la frase di Sara: “Non è la moda sostenibile che costa tanto, ma il fast fashion che costa poco. Se una t-shirt viene venduta a €9 Iva compresa, c’è qualcosa che non va, perché in quel prezzo ci sono: la materia prima, il costo del lavoratore che l’ha realizzata, il costo delle etichette, del sacchettino con cui viene consegnata, il margine del brand che la vende, il margine del produttore che ha confezionato il capo e dei produttori delle materie prime e delle minuterie. È lampante che ci sia qualcosa che non vada”.
Anche Daniela è dello stesso avviso: “Personalmente, quanto vedo in un negozio un vestito a -50/70% che costa €20, penso che il negozio comunque ci sta guadagnando qualcosa e sicuramente anche chi gliel’ha venduto (giustamente). Quindi il nostro vestito è costato di produzione €5, in cui ci sono i metri di tessuto e la manodopera… immagina quindi quanto possa costare il tessuto e quanto venga pagata la manodopera.”
Ed è proprio vero: vi reitero qui un pensiero che ho condiviso con Sara, ma che ho già esposto a voi in più post e che trovate ben spiegato anche nel libro di E.L. Cline “Siete pazzi ad indossarlo“. L’avvento del fast fashion ha cambiato radicalmente il nostro modo di consumare la moda, abituandoci ad acquistarla ad un prezzo sempre più basso. I nostri genitori non erano avvezzi a prezzi simili, perché avevano un consumo della moda completamente diverso: si comprava due volte l’anno e per necessità. Adesso lo shopping è una cosa che si fa per noia, o anche semplicemente per sfizio, “perché, tanto, costa poco: se anche non me lo metto, non ho speso nulla”.
8 risposte
Ciao Angela,
condivido quanto scrivi sulla moda sostenibile ma le aziende che citi non vestono taglie abbondanti e “curvy”. Mi sai dire perché?
E mi sai indicare aziende sostenibili che arrivino alla XXL e alla coppa D ?
Grazie mille
Ciao Cinzia, hai ragione, è un punto che non ho ancora affrontato, mi riprometto di farlo al più presto, insieme ad una ricerca di marchi sostenibili per fisici curvy. Al momento uno dei pochi che conosco è Ocean’s Apart che realizza collezioni sportive anche per fisici curvy. Ti prometto però che approfondirò la cosa!
Come sempre dritta al punto! Grazie!!!
Grazie a te per avermi letta!
Sono d’accordo, ma…
Mi sono interessata molto, ultimamente, all’alimentazione sostenibile. Si tratta di un argomento diverso rispetto alla moda, ma il concetto non cambia
Noto anche un voler cavalcare l’onda perché il consumatore attento all’etica e alla sostenibilità è disposto a pagare di più. Qualche settimana fa ho seguito un report sugli yogurt vegetali, lo studio condotto ha notato che se il costo di produzione è identico a quello di uno yoghurt da latte vaccino (alta qualità e biologico, se vogliamo fare un confronto non con l’allevamento intensivo) , lo yogurt vegetale costa il triplo, a parità di costo di materia prima e di produzione. Perché? Perché chi compra lo yogurt vegetale è disposto a spendere di più
Allora io vorrei più chiarezza. Nella moda e nell’alimentazione
Una marca di t-shirt sostenibile in Belgio aveva iniziato a riportare il costo , materia prima e confezionamento, sul suo sito. Poi non l’ho più visto.
Cara Chiara, su questo punto non posso che darti ragione. Per questo è importante acquistare solo da aziende serie, che siano in gradi di rispondere di ogni step della loro produzione. Anche perché poi, a ben guardare, questo discorso di potrebbe fare esattamente analogo per i brand del lusso: si è disposti a pagare il brand… perché? Forse perché è il nostro modo di consumare che dovrebbe essere corretto…
Sono assolutamente d’accordo con te, Angela
Se ci rendessimo conto di quanto possiamo fare noi consumatori, sarebbe già un enorme passo avanti
Senza domanda non c’è mercato
Torno al paragone alimentare. Se lascio sempre stare sullo scaffale le uova di galline in batteria (non ho idea se le vendano ancora), il supermercato smetterebbe di venderle perché non c’è domanda
E quindi lo stesso se smettessimo di comprare la maglietta di SheIn a 3€
Hai perfettamente ragione Chiara!